Selezione e riproduzione
di Giacomo Acerbi
L’altra metà del cielo. Spermatozoi con le ali… sottovalutati… misconosciuti…
I fuchi svolgono un ruolo cruciale per benessere, prestazioni, sopravvivenza, riproduzione del super organismo alveare: maschi ben allevati, in piena salute riproduttiva, di robusta e vitale progenie, sono componente essenziale del futuro delle colonia.
Una sintesi degli aspetti che possono determinare o meno la salute e la qualità dei fuchi, sulle nuove importanti conoscenze e sulle recenti insidie per questo indispensabile anello armonico del complesso ciclo vitale dell’alveare
L’umanità è in reciproca interazione con le api dalla notte dei tempi, ha assai e variamente condizionato il loro ciclo vitale e ne ha diffusa territorialmente la presenza, ma in migliaia e migliaia di anni delle api e del loro ciclo vitale l’uomo ha capito poco o nulla! D’altro canto la comprensione di “maraviglie e misteri” della natura è nella nostra storia progredita con più facilità sui fenomeni percepibili, meglio se a occhio nudo. Ben poco l’uomo per millenni ha potuto capire dell’invisibile, delle molteplici, indispensabili forme vitali che sono troppo minute per essere osservabili.
Le api poi, oltre a essere piccole e con ciclo vitale celato nel loro nido costitutivo, sono, fra tutte le specie viventi allevate, una delle più lontane, diverse e “altre” da noi umani. Quando l’invenzione del favo asportabile e osservabile ci ha consentito di iniziare – finalmente! – a comprendere qualcosa abbiamo (con la consueta presunzione!) ritenuto d’avere capito tutto! Ma quelle semplicistiche iniziali e primitive “spiegazioni” di fenomeni basilari ci hanno tutt’altro che aperto lo scrigno dei misteri dell’alveare. Quanti di noi si sono formati su manuali che propinavano la “verità scientifica” per cui la colonia sarebbe governata dal solo feromone della regina?
Stranamente poi, nonostante quasi tutte le civiltà umane si siano incardinate sulla rigida subordinazione della donna all’uomo, con le api al contrario: al maschio d’ape s’è assegnato valore solo in relazione alla regina e all’atto riproduttivo. Del fuco è stata addirittura costruita e trasmessa un’immagine di sostanziale inutilità, con perfino lo sviluppo di pratiche, procedure e strumenti di “tecnica apistica moderna” per contrastarne variamente deposizione, allevamento, se non persino la sopravvivenza nell’alveare.
Propongo invece che il fuco sia considerato benaltrimenti: anello indispensabile e determinante del ciclo vitale della colonia

Pagine da “Bee-Master to Charles II”. Libro stampato nel 1679 da Moses Rusden, che include ampie descrizioni della colonia di api, proposta quale esempio di monarchia perfetta in armonia con il suo “Re”, e relativo ossequio a Carlo II. Solo dall’ottocento s’è diffusa la nozione per cui la colonia sarebbe governata da una femmina, e ciò sia per l’impulso illuministico all’osservazione, e sia grazie alla nuova capacità di realizzare lastre di vetro più ampie, indispensabili per poter realizzare arnie da osservazione

Illustrazione ucraina dei primi dell’ottocento. Dalla notte dei tempi l’umanità ha assai e variamente condizionato il ciclo vitale delle api, ma in migliaia e migliaia d’anni l’uomo sulla vita nascosta e segreta dell’alveare ha capito poco o nulla!
Il fuco ha, infatti, pari se non maggior importanza della componente femminile sia come elemento di qualità fondamentale (quale riproduttore) per il benessere e le performance dell’alveare, sia da un punto di vista genetico, e infine selettivo: un super organismo dalle caratteristiche genetiche complesse, particolari, e nettamente “a sé” rispetto a gran parte delle molteplici specie viventi, in cui, ad esempio, i rapporti di parentela tra le diverse sottofamiglie di operaie della colonia sono determinati dal campione di sperma maschile con il quale la regina ha fecondato le proprie uova. Non un singolo maschio (toro, stallone o verro che sia) bensì un numero che varia da 6 a 25 fuchi (15 in media) determinano l’eredità genetica di una colonia. Negli ultimi anni si è intensificata una grave tendenza di perdita di longevità e fertilità delle regine, sempre più “abituali” e reiterate sostituzioni, riduzione di fecondità, che si traducono di frequente in mancanza di fitness (1) e prestazioni dell’intera colonia, con conseguenti e pesanti costi aggiuntivi per l’allevatore. E noi apicoltori cosa abbiamo fatto? Molto si è detto e cercato di migliorare riguardo a questa problematica, ma s’è concentrata l’attenzione sulla sola regina, a partire dalla sua biologia e comportamento riproduttivo, sino alla manipolazione da parte dell’apicoltore. Ci si è focalizzati su: qualità o meno della fecondazione in funzione della spermateca, temperatura e nutrizione adeguate per favorire la migrazione degli spermatozoi tramite gli ovidotti, dimensioni dei nuclei di fecondazione, tempistiche per la corretta omeostasi (2), possibili danni da manipolazione, ingabbiamento e trasporto.
E i fuchi, quanto e come contano in questo recente e drammatico deterioramento di vitalità e fecondità delle api?
Studi recenti, confermati peraltro da una vastità di esperienze in campo, dimostrano che la salute dei fuchi e il loro valore riproduttivo (3), la qualità e vitalità dei loro spermatozoi, sono determinanti per la fisiologia, l’efficienza e la longevità della api regine, con importanti conseguenze per l’insieme delle prestazioni dell’intera colonia.
Molteplici sono i fattori che possono influire sulla qualità riproduttiva dei fuchi: cause di natura ambientale (nutrizione, temperatura, andamento stagionale), esposizione a contaminazioni, patologie, genetica di provenienza, età, conduzione apistica. In merito sono notevoli e varie le nuove acquisizioni scientifiche. Egregiamente evidenziate, sistematizzate e inquadrate in una visione d’insieme dallo studio di revisione delle ricerche scientifiche su questi temi di Rangel e Fisher, pubblicato da Apidologie nel 2019. Studio da cui di seguito traggo, sintetizzo e commento varie e assai interessanti nuove conoscenze e sollecitazioni all’approfondimento.

L’alveare un super organismo dalle caratteristiche genetiche complesse, particolari, e nettamente “a sé” rispetto a gran parte delle molteplici specie viventi. In cui il fuco ha pari se non maggior importanza della componente femminile sia come elemento di qualità fondamentale (quale riproduttore) per il benessere e le performance dell’alveare, sia da un punto di vista genetico, e infine selettivo | Foto di Giacomo Acerbi
Negli ultimi anni si è intensificata una grave tendenza di perdita di longevità e fertilità delle regine, sempre più “abituali” e reiterate sostituzioni, riduzione di fecondità, che si traducono di frequente in mancanza di fitness e prestazioni dell’intera colonia, con conseguenti e pesanti costi aggiuntivi per l’allevatore | Foto di Giacomo Acerbi

Contano più dell’atto… i preliminari!
Il fuco ha uno sviluppo dalla deposizione dell’uovo alla nascita di circa 24 giorni, questo processo può variare in funzione dell’aplotipo (4) (DeGrandi, Hoffman 1998), della temperatura (Bienkowsha 2011) e delle condizioni generali della colonia (Winston 1987, Collison 2004) come dimensioni, disponibilità di risorse alimentari, ecc…
La spermatogenesi, ovvero il processo di formazione degli spermatozoi, inizia durante la fase larvale (Bishop 1920) e si conclude nello stadio pupale; la maturazione sessuale si completa invece entro la prima settimana dalla nascita, grazie alla migrazione dello sperma nelle vescicole seminali (Snodgrass 1956), con anche la formazione di due ghiandole mucose che proteggono dai patogeni e nutrono gli spermatozoi (Woyke 1983, Rhodes 2008). La vitalità e longevità degli spermatozoi sono determinate dalla qualità e composizione delle proteine contenute nel liquido seminale (Baer 2009, King 2011). Interessante notare come la composizione di queste proteine sia addirittura relazionata all’immuno-reazione alle spore di Nosema apis del fuco ancora impupato (Grassi 2017).
La maggioranza dei difetti di natura morfologica (dimensioni, peso, lunghezza delle ali) e di qualità riproduttiva (numero, motilità (5) e vitalità degli spermatozoi), si determina proprio nella sua fase prenatale.
Altrimenti detto: la qualità del fuco si determina e gioca principalmente “sotto l’opercolo”
Il fuco raggiunge la maturità sessuale intorno a 6/8 giorni (Bishop 1920), ma può arrivare a 10/12 giorni (Woyke e Ruttner 1958) fino a un massimo di 16 giorni dalla nascita (Rhodes 2008). I primi giorni di vita i giovani maschi interagiscono con le api e vengono nutriti, scaldati ed accuditi. Si ciba di solo miele o nettare sia per trofallassi, sia suggendolo direttamente, ma solo se le cellette dove è stoccata la provvista sono disopercolate e alla sua portata. Partecipa dalla nascita al controllo termico e alla ventilazione della colonia grazie a un eccezionale apparato muscolare.
I voli di orientamento del giovane fuco per individuare i punti di riferimento e l’esatta collocazione del nido iniziano intorno al quinto/ottavo giorno dalla nascita (Galindo – Cardona 2015).

Ape nutrice all’opera. Le condizioni ottimali di allevamento sono importanti poichè la qualità de fuco si determina e gioca principalmente sotto l’opercolo. Ad esempio il processo di formazione degli spermatozoi inzia durante la fase larvale e si conclude in quella pupale | Foto di Monica Rusconi
Fatto il punto della posizione, il suo ciclo di vita culmina con i voli alla zona di assembramento (drone congregation area “DCA”), in cui una media di 11.000 fuchi si affollano alla ricerca di giovani vergini. Non è facile identificare una zona di assembramento: i maschi vi fanno numerosi voli di durata e frequenza variabile, per poi dissolvere l’assembramento dopo solo pochi minuti (Holm 2010). Accorgimento strategico per evitare che predatori, come ad esempio i gruccioni, scoprano dove pasteggiare; tanto più che l’elevato numero di maschi riduce il rischio di predazione delle regine vergini (Holm 2010). Il fuco può eiaculare un volume di liquido seminale che varia dagli 0,91 agli 1,7 microlitri (Rousseau 2015) che contiene dai 3,6 ai 12 milioni di spermatozoi, tutti geneticamente identici (Collins, Pettis 2001).
Contrariamente a convinzioni e pregiudizi assai diffusi è importante sapere che, anche se i fuchi possono volare a una media di 30 km/h (1 km in due minuti) e coprire grandi distanze (Holm 2010), prediligono cercare e costituire le zone di assembramento (DCA) a poche centinaia di metri dal proprio alveare/apiario di origine, per massimizzare il tempo di permanenza e le chances di fecondazione (Koeniger 2005) e per mantenere un adeguato vigore e la vitalità dello sperma.
Il fuco migra, infatti, lontano dal proprio alveare d’origine solo per situazioni emergenziali (ricerca di cibo e di una famiglia che lo accolga) spesso determinate da stress della propria colonia, ma la quasi totalità dei fuchi che coprono lunghe distanze, è esposta a stress termici, denutrizione, con conseguente inadeguatezza a competere in una zona di assembramento (DCA), in cui vigore fisico e la taglia sono cruciali per prevalere nella mischia (Berg 1997, Tarpy 2019).

La disponibilità di nutrizione in celle non opercolate può essere di rilievo per benessere e sopravvivenza dei fuchi. Che si nutrono di solo miele o nettare sia per trofallassi, sia suggendolo direttamente, ma solo se le cellette dove è stoccata la provvista sono disopercolate e alla sua portata | Foto di Giacomo Acerbi
Una buona continuità, qualità e disponibilità dell’approvvigionamento di polline dell’alveare, può influire sulle prestazioni dei fuchi. La vitalità e longevità degli spermatozoi sono determinate dalla qualità e composizione delle proteine contenute nel liquido seminale | Foto di Giacomo Acerbi

Alcuni fattori che posso compromettere la salute riproduttiva del fuco
È complesso provare a elencare e indicare in ordine di importanza e priorità le possibili cause che possono determinare perdita della fecondità maschile delle api. A livello mondiale presumo che ecatombi e fragilità degli alveari provocati dalla diffusione quasi ubiquitaria di varroa e patologie connesse possano essere fattore determinante e prioritario. Ma ho qualche ragione per supporre che lo specifico contesto d’evoluzione ambientale del nostro Paese possa aver portato – ancor più delle falcidie da varroa – in primo piano l’insieme degli impatti ambientali. Questa ipotesi si basa sulla constatazione della combinazione e contemporaneità di molteplici fattori, quali: progressiva e incessante perdita di disponibilità di risorse alimentari (ad esempio: drastico calo di essudazioni nettarifere da colza o girasole; decremento di risorse bottinabili da impatto di parassiti – eucalipto e castagno ecc…); costante incremento di monocolture, abbinato al più elevato spandimento in Europa di biocidi per “difesa fitosanitaria”, con relative e subdole conseguenze (ad esempio su: mais, vite, nocciolo, fruttiferi ecc…) e infine – proprio per non privarci di nulla – il tutto condito con la particolare esposizione del nostro Paese ai sempre più frequenti fenomeni di estremizzazione climatica, con le relative gravi ripercussioni sia sulle possibilità d’approvvigionamento e sia su termoregolazione e salute delle colonie d’api. Peraltro anche lo stesso popolo italiano vive una seria e crescente criticità per sterilità riproduttiva, particolarmente maschile, con un preoccupante e peculiare incremento, scientificamente addebitato soprattutto all’interazione d’insieme dei vari fattori ambientali.
Temperatura
In condizioni ottimali i fuchi sono accuditi e termoregolati all’interno dell’alveare a una temperatura costante che va dai 33 ai 35 gradi. La qualità riproduttiva dei maschi può venire seriamente compromessa anche da modeste variazioni di temperatura, sia nello sviluppo sia dopo la nascita.
Per esempio Jaycox (1961) ha osservato come la maturazione sessuale dei fuchi sia compromessa quando allevati a 31,1 gradi, mentre a 28,33 gradi si determini la loro totale sterilità.
Stesse drastiche conseguenze per eccesso di temperatura: fuchi esposti anche per pochi minuti a una temperatura di 40 gradi presentano una percentuale di mortalità degli spermatozoi superiore al 40% (Czekonska 2013).
Nell’impupamento, in cui avviene la completa formazione degli spermatozoi, i fuchi sono estremamente sensibili a piccole variazioni di temperatura: a 32 gradi presentano testicoli più grandi, vescicole seminali più sviluppate e ghiandole mucose più espanse rispetto all’accudimento ad una temperatura di 35 gradi (Czekonska 2013). Possiamo quindi se non intravedere, almeno provare a immaginare l’effetto possibile d’improvvisi morie e spopolamenti d’alveari, soprattutto in fase primaverile, ma anche con innalzamento estremo delle temperature estive. Infatti, un repentino cambio e picco di temperatura esterna all’alveare può compromettere totalmente la qualità dei fuchi, ancora impupati: nasceranno, saranno accuditi dalle api e andranno ad accoppiarsi con le regine ma con ben scarsa fecondità e scarsissimi risultati (poca motilità (5) e grande mortalità degli spermatozoi), che si ripercuoterà su valore riproduttivo (3) e longevità della regina e quindi sulle prestazioni della colonia.
Nutrizione
Diversi studi scientifici hanno confermato il fenomeno al quale assistiamo da anni come comparto produttivo: l’incidenza della qualità e della quantità di disponibilità alimentari nella morfologia, fecondità e qualità dei fuchi. Czekonka (2015) ha testato come una privazione forzata di polline con trappole collocate all’esterno dell’alveare durante il periodo larvale, determini una diminuzione della taglia e del peso del fuco, uno scarso volume di sperma e una difficoltà d’eiaculazione nel maschio adulto. Di contro Rousseau e Giovenazzo (2015) hanno accertato come una nutrizione suppletiva con succedanei pollinici e sciroppo nel periodo primaverile influisca grandemente sulla qualità riproduttiva dei fuchi: dimensioni maggiori del maschio, migliore vitalità dello sperma, incremento del numero degli spermatozoi.
Contaminazione da biociti
È ormai notevole per dimensione e risultati la bibliografia sugli effetti letali e sub-letali da esposizione delle api ai vari agroiocidi, ma assai limitati se non scarsi sono gli studi scientifici sugli effetti rispetto alla qualità riproduttiva del maschio. Le poche ricerche a disposizione, che si distinguono tra condizioni artificiali in cui ai fuchi sono somministrate dosi incrementali di pesticida e situazioni di contaminazione in campo, evidenziano gravi effetti su: morfologia, vitalità e tasso di fertilità dei maschi. La famiglia dei neonicotinoidi è la più studiata – in particolare: imidacloprid, thiamethoxam, clothianidin – e ha dimostrato effetti letali sulla capacità riproduttiva dei fuchi, sia se le molecole sono somministrate, sia nel caso siano presenti in concentrazioni infinitesimali nelle matrici (cera, miele, polline) dell’alveare (Di Prisco 2013, Williams 2015, Straub 2016). Inoltre è molto interessante uno studio d’esposizione di maschi all’insetticida Fipronil (Straub 2016) che evidenzia una netta correlazione tra la molecola e forte incremento delle spore e dell’aggressività nell’infezione da Nosema ceranae. Questa è la chiave di lettura su cui riflettere maggiormente: molto spesso ci troviamo a confrontarci con la pervasiva influenza di una moltitudine di molecole residuali che, agendo in maniera subdola e sinergica tra loro e con altre concause (patologie, scarsità di risorse alimentari ecc…), possono determinare sia mortalità e sia la meno riconoscibile, ma forse ancor più grave, totale senescenza (6) dei fuchi.
A livello mondiale ecatombi degli alveari e loro relativa fragilità anche sotto il profilo riproduttivo, sono conseguenti alla diffusione quasi ubiquitaria di varroa e patologie connesse | Foto di Carlo Gatti


Uno delle tante esemplari concretizzazioni della glifosato/ agricoltura, con gran faccia tosta pure definita e decantata: “sostenibile”. Gravi ripercussioni sulla salute delle colonie d’api possono essere conseguenti alla riduzione delle disponibilità per l’approvvigionamento. Per la combinazione e contemporaneità di molteplici fattori, quali: progressiva e incessante perdita di biodiversità vegetale; spandimento di biocidi più elevato d’Europa; riduzione della possibilità di pascolo sia spontaneo e sia soprattutto da coltivazione di cultivar che non emettono più essudazioni indispensabili agli impollinatori | Foto di Francesco Panella
Diverse pubblicazioni scientifiche hanno dimostrato come anche la semplice contaminazione della cera da nido con diversi acaricidi (spesso in combinazione tra loro) causi la drastica diminuzione dell’ovodeposizione della regina e riduca fortemente la sua attrattività per le api (Rangel e Tarpy 2016).
Effetti sulla fisiologia riproduttiva dei fuchi, sulla quantità dei loro spermatozoi e sulla loro vitalità sono stati evidenziati per presenza, sia singola sia in combinazione, di acaricidi. È, infatti, più che preoccupante costatare che anche il bio accumulo di diversi acaricidi in concentrazioni molto basse nella cera del favo da maschio – di amitraz, fluvalinate e coumaphos, come anche di pesticidi come clorpirifos e chlorothalonil – determini scarsissima vitalità dello sperma, pressoché assenza di motilità (5) degli spermatozoi, nonché un loro drastico calo numerico (Fisher e Rangel 2018). Peraltro un’elevata quantità di amitraz e dei suoi metaboliti è anche stata riscontrata nella cera della quasi totalità delle famiglie esaminate, e sono state osservate numerose compromissioni della salute delle api a causa di questo bio-accumulo (Boncristiani 2012), ossia: ridotta fecondità della regina e bassa vitalità degli spermatozoi nella spermateca (Rangel e Tarpy 2016). D’altra parte gli acidi organici non fanno eccezione: oltre ad inficiare la spermatogenesi dei fuchi a livello quantitativo e qualitativo, hanno anche effetto sulla fisiologia del maschio adulto. L’esposizione diretta all’acido ossalico e all’acido formico (come anche al timolo e all’eucaliptolo) determina fuchi più piccoli, con lunghezza alare ridotta e con diminuzione del numero di spermatozoi (Shoukry 2013).

Effetti sulla fisiologia riproduttiva dei fuchi, sulla quantità dei loro spermatozoi e sulla loro vitalità sono stati evidenziati per presenza, sia singola sia in combinazione, di acaricidi. Anche il bio accumulo di diversi acaricidi in concentrazioni molto basse nella cera del favo da maschio – di amitraz, fluvalinate e coumaphos, come anche di pesticidi come clorpirifos e chlorothalonil – può determinare scarsissima vitalità dello sperma, nonché drastico calo numerico degli spermatozoi | Foto di Giacomo Acerbi

Allevamento con giovani maschi. L’età dei fuchi può influire su: viscosità, volume, motilità e vitalità dello sperma. Il seme diventa più scuro e più viscoso tanto più è avanzata l’età del fuco: i maschi che superano i 21 giorni di età presentano viscosità troppo elevata dello sperma con la conseguente difficoltà per le regine di espellerne l’eccesso dagli ovidotti | Foto di Paola Bidin

Fuchi in allevamento | Foto di Paola Bidin

Bella batteria di maschi prossimi alla nascita | Foto di Giacomo Acerbi
Patologie
Una forte infestazione di varroa sotto opercolo determina la nascita di fuchi di ridotta qualità e di minor vigore fisico: taglia inferiore alla norma (Hrassningg e Moritz 2010), forza alare ridotta (Metz e Tarpy 2019) e conseguente scarsa capacità di volo (Slone 2012). I pochi maschi che riescono a svilupparsi e nascere da una cella infestata da 20 acari, possono manifestare metà del loro normale peso corporeo (Duay 2003). Ma anche un’infestazione da una a sei varroe femmina sotto opercolo, determina sia nella fase dello sviluppo e sia all’emersione una riduzione considerevole del peso e della taglia del maschio (Engels 2001). Sugli effetti della carica virale sulla salute riproduttiva del maschio e sulla trasmissione verticale d’infezioni alla regina e alla progenie, c’è una bibliografia molto ridotta. Ma studi recenti hanno mostrato la presenza del genoma virale di cinque differenti virus (DWV, ABPV, BQCV, SBV, AmFV) nello sperma eiaculato da fuchi apparentemente in ottima salute (Titera 2019), con evidenza di conseguente infezione venerea delle regine inseminate con quello sperma. Ma ancora più importante e pericolosa è la dimostrazione di trasmissione transovariale (7) di una forte carica virale dallo sperma infetto dei fuchi alle uova deposte dalle regine (Titera 2019). È poi stato anche monitorato l’andamento delle colonie originate da queste regine inseminate con campioni di sperma infetti di carica virale e si è osservata l’insorgenza sintomatica di patogeni come covata a sacco, la mortalità di nuove regine nelle celle reali di sostituzione (cella nera) e, in generale, perdita di fitness (1) e prestazioni di colonie apparentemente asintomatiche (Titera 2019).
Età
Molti studi hanno dimostrato che l’età dei fuchi può influire su: viscosità (Cobey 2007), volume (Locke, Peng 1993), motilità (5) e vitalità dello sperma (Locke, Peng 1993). Il seme diventa più scuro e più viscoso tanto più è avanzata l’età del fuco: i maschi che superano i 21 giorni di età presentano viscosità troppo elevata dello sperma con la conseguente difficoltà per le regine di espellerne l’eccesso dagli ovidotti (Czekonska 2013). Sempre Locke e Peng (1993) hanno anche dimostrato come la motilità (5) degli spermatozoi diminuisca di circa l’80% nei fuchi di oltre 20 giorni di vita.
Pertanto un accoppiamento con maschi eccessivamente “maturi”, può comportare una perdita di longevità e scarse prestazioni delle regine. Spero con questi primi cenni di aver stimolato e sollecitato nuovi: curiosità, attenzioni e interesse per “l’altra metà del cielo” della colonia d’api. Ritornerò, mi auguro presto, sullo stesso tema sotto il profilo di quanto l’apicoltore, il selezionatore e il riproduttore d’api regine possono cercare di realizzare per il miglioramento del parco api. Se vogliamo avere delle colonie di api in salute e produttive, regine longeve e performanti, non possiamo continuare a trascurare punti di forza e di fragilità dei fuchi, e quindi non investire anche una parte dei nostri: impegno, sforzi e lavoro per la loro salute, allevamento e selezione. Grazie ad adeguate tecniche di preparazione delle colonie adibite a linee maschili, al mantenimento della vitalità e fecondità dei fuchi, alla selezione genealogica si possono ottenere risultati più che interessanti in termini di fitness (1) degli alveari e cercare di implementare un miglioramento genetico diffuso, veloce e ubiquitario nel parco api.
LEGENDA
(1) Fitness: in biologia definisce il successo riproduttivo di un individuo, in genetica l’idoneità di un organismo all’ambiente, il suo valore adattivo
(2) Omeostasi: attitudine propria a tutti gli esseri viventi di mantenere intorno a un livello prefissato e costante il valore di alcuni parametri peculiari per la sopravvivenza, relazionati in continuo a fattori interni ed esterni
(3) Valore riproduttivo: è il valore di un individuo calcolato sul valore medio della sua progenie
(4) Aplotipo: combinazioni di varianti alleliche all’interno di un segmento cromosomico
(5) Motilità: complesso delle funzioni motorie di un organismo e la sua capacità di cambiare la sua posizione
(6) Senescenza: processo di invecchiamento di un individuo accompagnato da fenomeni involutivi di tipo fisiologico e funzionale
(7) Trasmissione transovariale: la trasmissione dai progenitori alla progenie di patologie tramite i propri organi riproduttivi