Selezione e riproduzione

di Giacomo Acerbi

Ci vuole un fiore

Le cose d’ogni giorno
Raccontano segreti
A chi le sa guardare
Ed ascoltare
Per fare un tavolo ci vuole il legno
Per fare il legno ci vuole l’albero
Per fare l’albero ci vuole il seme
Per fare il seme ci vuole il frutto
Per fare il frutto ci vuole il fiore

Sergio Endrigo

La poetica filastrocca di Gianni Rodari, messa in musica negli anni settanta da Sergio Endrigo, ha proposto – oramai a varie generazioni – con disarmante semplicità la complessità e interconnessione dell’insieme dei cicli vitali.
In questo nostro viaggio di approfondimento e conoscenza sui fenomeni che regolano e che concorrono alla fecondità dell’alveare, siamo incappati in molteplici e inattesi aspetti fra loro concatenati e sinergici. Abbiamo riportato le nuove conoscenze sul ciclo vitale del nostro “spermatozoo con le ali”, sui vari aspetti che influiscono sulla sua vitalità, salute, qualità riproduttiva…, poi ci siamo soffermati sulle sue capacità di volo, orientamento, collaborazione, competizione, accoppiamento… Ne abbiamo tratto una visione del fuco completamente ribaltata: da mero organismo funzionale unicamente alla riproduzione, ad anello fondamentale della biologia dell’alveare.

Mentre l’irreversibile estromissione dell’endofallo post accoppiamento fa cadere morente al suolo il fuco, una sua porzione vivente continua a giocare la sua parte e a influenzare le sorti del superorganismo alveare. Ma questa, inconsueta per noi umani, influenza post mortem ha tante implicazioni e non poche possibili ricadute, su aspetti fino a poco tempo fa contrassegnati da completa ignoranza. Fino a poco tempo or sono quesiti basilari rimanevano irrisolti, come ad esempio: chi prevale nella capacità riproduttiva? Il fuco che ha “donato” più sperma? Come si dispone lo sperma nella spermateca, stratificato? Quindi vi sono successioni di fecondazioni patrilinee? Il nostro viaggio prosegue dunque nelle recenti e affascinanti acquisizioni e ipotesi scientifiche: come e quali spermatozoi vivono oltre la morte del fuco; quali funzioni correlate alla massimizzazione della poliandria (1) si attivano nell’ape regina fecondata; cosa consente la conservazione dello sperma nella spermateca; le possibili potestà decisionali dell’ape regina per fertilizzare le proprie uova.
Ricordate? Nella fecondazione dai 6 ai 12 milioni di spermatozoi sono trasferiti dalle vescicole seminali dei fuchi nell’orifizio genitale della regina (Rhodes, 2011).

Vaso greco (530 a.C.)

L’uomo solo recentemente è riuscito a mantenere vitali nel tempo suoi spermatozoi, con la crioconservazione, a temperature criogeniche (-196 °C). Mentre la vitalità nel tempo degli spermatozoi è fenomeno naturale presente in svariate altre specie viventi, tra cui con notevole tempistica in alcune specie di imenotteri come le api, le formiche taglia foglie e i bombi

Vaso greco
Corridori - Robert Delaunay

Robert Delaunay, Corridori (1924)

Solo il 3%-5 % degli spermatozoi raccolti nelle fecondazioni arriva a essere stoccato nella spermateca

L’estromissione dell’endofallo e la sua rottura nel canale vaginale della regina, ne fa un tappo temporaneo, che impedisce la fuoriuscita dello sperma (Rhode, 2011). In seguito lo sperma raggiunge gli ovidotti della regina, ma solamente una quantità di circa il 10% del volume di seme eiaculato dai fuchi (Brutscher, 2019). Il passaggio successivo dello sperma dagli ovidotti alla spermateca dura circa 40 ore, e si avvia dal ritorno all’alveare dal volo nuziale della regina.
Alla fine solo dal 3% al 5% (dai 2 ai 7 milioni) del totale degli spermatozoi raccolti durante la fecondazione è stoccato nella spermateca (Koeniger, 2007), con una media che oscilla tra i 4 e i 5 milioni (Tarpy, 2012). Questa quantità di spermatozoi è sufficiente per fecondare milioni di uova (potenziale stimato in 1,7 milioni di prole) nell’intero ciclo vitale dell’ape regina (Collins 2016), che determina il limite di dimensioni, longevità e fitness della colonia. Il futuro dell’alveare dipende quindi da qualità e quantità di sperma immagazzinato nella spermateca.

Ennesima eccezionale peculiartià delle api: nutrire e garantire lunga vita agli spermatozoi

Studi recenti hanno fatto luce su un altro tassello eccezionale della fertilità dell’alveare: la capacità rara e distintiva di mantenere lo sperma vitale per anni, nella spermateca. Straordinaria peculiarità evolutiva e adattativa che sono in grado di esprimere alcune specie di imenotteri (api, bombi, formiche taglia foglie…): riuscire a mantenere vitali gli spermatozoi per lunghi periodi di tempo, grazie a strutture morfologiche altamente specializzate per la conservazione dello sperma, note come spermateche (Eberthard, 1985).

Le regine “sostengono” la vitalità nel tempo dello sperma immagazzinato, con secrezioni ghiandolari che contengono proteine, metaboliti, enzimi di difesa antiossidante ecc…

Giacomo Balla - Compenetrazione iridescente numero 5

Giacomo Balla “Compenetrazione iridescente numero 5” Eucaliptus 1914

Le regine “sostengono” la vitalità nel tempo dello sperma immagazzinato, con secrezioni ghiandolari che contengono proteine, metaboliti, enzimi di difesa antiossidante ecc…

Le regine “sostengono” lo sperma con secrezioni ghiandolari prodotte dalle ghiandole della spermateca, e giocano dunque un ruolo cruciale nel mantenimento della vitalità degli spermatozoi (Ruttner, 1971). Queste secrezioni contengono proteine, metaboliti, enzimi di difesa antiossidante e presentano un pH elevato dovuto al liquido spermatico, funzionale ad abbassare il tasso metabolico dello sperma in deposito (Klenk, 2004).

Giacomo Balla “Compenetrazione iridescente numero 4” Studio sulla luce, 1913

La struttura proteica della spermateca dell’ape regina vergine è diversa da quella dell’ape regina feconda, con adattamenti per cui la femmina imita parzialmente l’ambiente del liquido seminale del fuco, per poi modificarlo in più fasi successive

Giacomo Balla - Compenetrazione iridescente numero 4

Recenti studi sulla caratterizzazione delle componenti costitutive della spermateca e sulle reti metaboliche che li regolano, hanno iniziato a far luce su un aspetto ancora in gran parte sconosciuto ma con importantissimi ricadute su biologia, allevamento e selezione dell’Apis mellifera: l’influenza e la capacità delle api regine di manipolare lo sperma immagazzinato. Sia il liquido seminale del fuco sia il liquido della spermateca delle regine hanno la funzione di nutrire, mantenere vitali gli spermatozoi, ridurne lo stress ossidativo, proteggerli da attacchi microbici. Incredibilmente la composizione di questi due differenti liquidi e “habitat” differisce grandemente: con solo un 20% di corrispondenza tra i due set proteici.

François Huber, l’apicoltore cieco che disvelò conoscenza. Conta più la visione o la vista?

Studioso ed entomologo svizzero vissuto fra il 1750 ed il 1831. Da giovane, intorno ai 15 anni, cominciò a perdere progressivamente la vista. Questo non gli impedì di dedicarsi a un’intensa attività di studi, alla rigorosa ricerca e a innovative osservazioni naturalistiche.

Ancora nei primi anni del 700 si credeva l’alveare fosse retto da un re. Solo nel 1737 l’olandese J. Swammerdam aveva accertato l’esistenza dell’apparato riproduttore dell’ape regina. Ma all’epoca si riteneva che le regine si fecondassero nell’alveare, grazie ad “aura seminalis”, esalazioni dei fuchi.

Huber seppe tradurre la sua menomazione visiva in leva di forza, fors’anche per timore che le sue osservazioni fossero recepite con diffidenza e prevenzione. In equipe con il suo fedele assistente François Burnens, di umile estrazione e di tenace capacità e perspicacia, seppe sviluppare un metodo rigorosamente scientifico di osservazione, con ben più sete di comprendere e dimostrare, che non ricerca di conferma delle proprie ipotesi.

Ritratto di Francois Huber da bambino

Ritratto di François Huber bambino, realizzato da suo padre

Seppe coniugare cioè la capacità di interrogarsi con la necessità di corroborare le ipotesi con accertamenti oggettivi indiscutibili. Esemplari sono, infatti, le descrizioni metodologiche per la ripetibilità dei suoi esperimenti. Alle sue osservazioni scientifiche dobbiamo fra l’altro: la scoperta e proposta di utilizzazione dello spazio ape, la conferma di generazione di api regine da nutrizione della larva con pappa reale, la dimostrazione dell’accoppiamento reale in volo, l’accertamento della infertilità delle api operaie ovificatrici, le descrizioni e spiegazioni dell’eliminazione dei fuchi a fine stagione riproduttiva, l’identificazione delle modalità di produzione della cera d’api, l’individuazione del consumo di ossigeno e movimentazione dell’aria da parte delle api.

Seppe spogliarsi dell’abituale riflettere e rispecchiare le attitudini umane sul mondo animale, per sforzarsi invece di cogliere l’essenza della specie vivente che indagava.

Nel progressivo e complesso disvelamento delle peculiari manifestazioni della fertilità riproduttiva delle api, rendiamo merito ai pionieri che hanno contribuito ad esplorare percorsi di conoscenza.

Modificazioni corporee dall’ “adolescenza” all’età fertile

La struttura proteica della spermateca dell’ape regina vergine è diversa da quella dell’ape regina feconda. Questo suggerisce che per ridurre i costi energetici finalizzati alla conservazione dello sperma, la strategia evolutiva delle api abbia determinato periodi di adattamento nei quali la femmina imita parzialmente l’ambiente del liquido seminale del fuco, per poi modificarlo in più fasi successive (Baer, 2009). Quindi requisiti fisiologici essenziali alla sopravvivenza e vitalità degli spermatozoi nelle api risultano “esternalizzati” alla componente femminile che nutre, conserva, protegge e manipola lo sperma maschile. Questa è la specializzazione in natura unica di cui sono capaci solo alcuni imenotteri sociali. Qual è il filo conduttore che determina questa incredibile capacità?

La poliandria: il cuore e cardine della strategia evolutiva e di sopravvivenza del genere Apis. È infatti altamente probabile che in una società geneticamente complessa come quella delle api, in cui i rapporti di parentela della progenie sono determinati dalla diversa origine genetica dello sperma utilizzato per la fecondazione delle uova, le regine influenzino le paternità manipolando lo sperma immagazzinato nella spermateca (Simmons, 2001).

Si intravvedono da questi ancora abbozzati approcci di conoscenza, due degli aspetti più interessanti e sconosciuti della biologia dell’ape, ovvero meccanismi di selezione sessuale che possono determinare e definire la patrilinearità della colonia: da un lato la competizione degli spermatozoi e dall’altro lato la scelta criptica della regina.

Volo di rondini - Giacomo Balla

Giacomo Balla – Volo di Rondini, 1913

Nella deposizione l’ape regina utilizza dai 4 ai 12 spermatozoi per ogni fertilizzazione. Si ipotizza possa essere lo spermatozoo più vitale quello con maggiori probabilità di riuscire a fecondare l’uovo

Spermatozoi: competition is competition

A seguito dei voli nuziali, solamente 4,7 milioni dei circa 200 milioni di spermatozoi immagazzinati negli ovidotti della regina (Winston, 1991), sono trasferiti nella spermateca (Baer,2004) dove vengono completamente miscelati (Laidlaw e Page, 1984).
Di questi unicamente tra 1 ed 1,7 milioni verranno utilizzati per fecondare uova nel tempo a venire. S’ipotizza che terminata la miscelazione dello sperma, la competizione spermatica possa realizzarsi in due fasi differenti: sia nel processo di conservazione dello sperma e sia soprattutto in occasione dell’utilizzo, cioè quando le uova vengono fertilizzate (Baer, 2004).
Lo sperma è, infatti, totalmente miscelato appena finito il processo di trasferimento nella spermateca (Tauz, 1998).
La competizione vera e propria è quindi probabile avvenga nella fase di fertilizzazione, dove gli spermatozoi di maschi diversi incontrano lo stesso uovo (Baer, 2004). L’ape regina utilizza, infatti, più di uno spermatozoo – dai 4 ai 12 – per ogni fertilizzazione (Yu e Omholt, 1999) ed è quindi ipotizzabile lo scenario per cui sia lo spermatozoo più vitale quello con maggiori probabilità di riuscire a fecondare l’uovo.

Peraltro la dimensione dello spermatozoo delle api è notevolmente maggiore rispetto a quella di altri insetti sociali non poliandri, come ad esempio i bombi. Aspetto che può rendere più complesso lo stoccaggio dello sperma, ma che può risultare vantaggioso nel caso gli spermatozoi debbano competere con altri non imparentati, di origini genetiche differenti; è indubbio infatti che lo spermatozoo più lungo si muova più velocemente.

La ragazza col turbante - Johannes Vermeer

Johannes Vermeer, La ragazza col turbante o La ragazza con l’orecchino di perla, 1665

Una fondata ipotesi è che le api regine siano in grado di “scegliere” e quindi parificare il contributo dei fuchi, indipendentemente dalla quantità di sperma donato. Un’ulteriore tappa della strategia genetica di “rimescolamento del genotipo”, per l’incremento della diversità genetica nella progenie

La “scelta” misteriosa e “criptica” dell’ape regina

L’altro fenomeno che può condizionare il destino degli spermatozoi avviene nello stoccaggio dello sperma e nella fase di utilizzo degli spermatozoi, quando l’uovo viene fecondato (Simmons, 2011). La conservazione dello sperma nelle api è una combinazione: da un lato gli spermatozoi nuotano attivamente lungo il dotto spermatico, dall’altro lato le contrazioni addominali della regina spingono lo sperma fuori dagli ovidotti; il tutto funzionale a impedire, ad esempio, l’immissione nella spermateca di spermatozoi morti o danneggiati (Ruttner e Koeniger, 1971). L’ipotesi è che l’ape regina possa giocare una propria scelta, definita criptica (Baer, 2004), una funzione che potrebbe avere un considerevole ruolo sulla patrilinearità di una colonia.
Così come la regina si regola per la durata e la frequenza dei voli nuziali in funzione della quantità di sperma accumulato negli ovidotti, si presume sia in grado di stimare la quantità di spermatozoi trasferiti nella spermateca, e il suo conseguente riempimento (Woyke, 1984).

Quanto e in che modo l’ape regina può condizionare gli spermatozoi in funzione, ad esempio, della loro differente origine genetica? Può una regina favorire un maschio specifico? Possiede dei meccanismi neuronali che consentono un vantaggio selettivo immediato di questo tipo? Una possibilità plausibile è che, una volta scartati gli spermatozoi indesiderati, le regine cerchino di equalizzare e di parificare il contributo dei fuchi, indipendentemente dalla quantità di sperma “donato”.
Un’ulteriore tappa della strategia genetica di “rimescolamento del genotipo” che si traduce in un aumento generale della diversità genetica nella progenie
(Ratnieks, 1996), per avvantaggiare le prestazioni della colonia. Diversi studi hanno, infatti, verificato che, nella distribuzione della patrilinea delle colonie, nessuna è in grado di monopolizzare la distribuzione nella progenie, e ciò anche a fronte di notevoli differenze quantitative di sperma eiaculato (Schluns, 2005). Le api regine avrebbero un ruolo attivo nel cercare di bilanciare ed equalizzare il contributo di ogni fuco nella fecondazione, proprio con la conservazione e gestione dello sperma.

Nella maggior parte delle specie animali le femmine esprimono potestà di scelta rispetto alle tipologie di maschio (Cordero, 1995), nelle api la strategia è opposta. Nella mischia della fecondazione le api regine non hanno tempo sufficiente per raccogliere informazioni sui partner (qualità specifiche, resistenza alle malattie, ecc…). Per questo prima incamerano un’eccessiva quantità di sperma il più variegato possibile, dei diversi genotipi maschili, per poi riequilibrarne il contributo nella spermateca grazie al “rimescolamento del genotipo”.

Le impressionanti specificità se non unicità del complesso sistema genetico/riproduttivo dell’alveare non solo suscitano ammirazione e stupore ma ci indicano con chiarezza di non indulgere in stolte e mistificanti semplificazioni.
Solo se e quando sapremo tenere nel debito conto la complessità dei fenomeni genetici che caratterizzano l’alveare, potremo sperare di giocare un ruolo positivo per api, apicoltura e futuro.

LEGENDA

(1) Poliandria: strategia riproduttiva adottata da varie specie viventi, per cui le femmine si accoppiano con più maschi.

(2) Tasso metabolico: corrisponde al calcolo delle calorie minime necessarie a un organismo per realizzare le funzione biologiche quotidiane.

PRINCIPALI RIFERIMENTI
– Insights into female sperm storage from the spermthecal fluid proteome of the honeybee Apis mellifera (Baer, 2009)
– Sexual selection in Apis (Baer, 2004)